Ricarica auto elettriche una giungla!

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Ricarica auto elettrica da semplificare. Il pensiero di un nostro lettore…

L’affezionato lettore del blog, sig. Franco Fellicò, possessore di un’auto elettrica, ci scrive per rappresentare il suo disappunto, rispetto ai Governi, che negli ultimi anni, avrebbero dovuto fare di più, per semplificare la ricarica delle auto elettriche

Rendere l’operazione di ricarica delle auto elettriche uguale a quella di rifornimento delle auto tradizionali, farebbe venire più appetito a coloro che ancora snobbano le BEV (auto elettriche). Il nostro lettore auspica alcune migliorie e ci incuriosisce facendo un interessante excursus storico (vista la veneranda età), ripercorrendo i disagi degli automobilisti del dopoguerra, brillantemente superati con pazienza ed astuzia. Buona lettura!

Piove, Governo ladro!

Non voglio invocare il vecchio detto, “Piove, Governo ladro”, ma penso che il Governo avrebbe tutte le possibilità per ottenere una transizione rapida alla mobilità elettrica, anche senza bisogno di investire fondi, SE PERO’ SOLO LO VOLESSE. Forse la causa del suo disinteresse potrebbe essere dovuta al voler acquisire consensi elettorali o forse anche perché i nostri Ministri sono TROPPO GIOVANI visto che la loro età media si aggira sui 50 anni.

I Ministri dovrebbero avere più anni di esperienza oltre che saper usare un po’ di più la psicologia, accanto alla logica. A me pare che tra i nostri governanti ce ne siano ben pochi con queste caratteristiche.

Mi spiego meglio: essere anziano è utile, perché solo dopo molti anni di vita e dopo aver visto di persona e vissuto da comune cittadino certi accadimenti, si è in grado di capire come fare per orientare un’intera Nazione spingendola verso le direzioni necessarie.

In questo scritto voglio parlare dell’automobile e della sua evoluzione. Data la mia età abbastanza avanzata, ho vissuto, diversamente dai nostri governanti, molto da vicino le sue vicende e io stesso ne ho fatto parte. Qui di seguito proverò a raccontare un po’ di cose che ho vissuto di persona mentre i nostri Governanti non essendo nemmeno nati o forse essendo solo dei bambini, non ne sanno nulla.

Gassogeno

Non ho vissuto il passaggio dal motore a vapore a quello a scoppio, ma ricordo completamente la storia dei motori termici e tutte le vicende e le difficoltà per procurarsi il carburante a loro necessario.

Verso la fine della seconda guerra mondiale ricordo ad esempio che la scarsità dei carburanti era così grande che molte auto venivano trasformate a GASSOGENO.

Auto a Gassogeno. Anni 30/40

Schema di funzionamento di un autobus a Gassogeno dell’ATAG, dal 1934 al 1944

Si trattava di un vero e proprio bruciatore (una specie di fornacella) che veniva montato sul retro dell’auto o anche del camion o autobus nel quale si faceva ardere legna o anche carbon coke che bruciando con poco ossigeno produceva un gas (chiamato gas povero) di scarso potere energetico. Quel gas veniva usato in luogo della benzina sostituendo il carburatore con un apposito miscelatore. Era però necessario ridurre il rapporto di compressione innalzando la testata con un apposito spessore per evitare il “battito in testa” (autoaccensione), dovuto al basso numero di ottani di quel carburante.

ARAR (Azienda Rilievo Alienazioni Residuati) 

Poi ricordo ancora che, dopo la guerra, degli agricoltori amici di mio padre e gestori di alto livello di una grandissima tenuta, utilizzavano per il lavoro di campagna delle JEEP dei militari americani acquistate all’ARAR (Azienda Rilievo Alienazioni Residuati) che era un’Azienda italiana che aveva rilevato TUTTI i mezzi militari che nel dopo guerra gli eserciti avevano deciso di non riportare in patria.

Quei bravi signori (erano due fratelli e un cognato) avevano una ingente assegnazione di petrolio agricolo necessario ai loro trattori e alle loro mietitrebbie, e avevano trovato utile modificare le JEEP per farle funzionare con quel petrolio.

Willys Jeep, Seconda Guerra Mondiale

Anche in quel caso avevano alzato la testata di 6 mm per ridurre la compressione e avevano aggiunto un piccolo serbatoio supplementare in cui mantenere un po’ di benzina. Le JEEP partivano a benzina e poi appena il motore era sufficientemente caldo bastava girare una piccola chiavetta che deviava l’alimentazione al petrolio contenuto nel serbatoio originale.

Io, che avevo in quei tempi forse 12 anni e che già da tempo sapevo guidare, ricordo di aver guidato quelle JEEP nelle campagne di Ururi (CB).

Ma dopo la guerra ci fu il boom economico e anche la benzina oltre ad essere facilmente disponibile diminuiva anche di prezzo fino a giungere anche a costare solo 98 lire al litro (praticamente circa 5 centesimi di euro). Certamente quasi nessuno dei nostri Ministri lo potrà ricordare sempre perché troppo giovani.

Ma poi la benzina è andata sempre aumentando, perché la materia prima aumentava, ma molto di più perché gravata sempre più pesantemente da forti balzelli imposti dal fisco.

Dal Gassogeno al Gas liquido

E cosa facevano gli automobilisti? Si difendevano. Memori del gassogeno si pensò di convertire le auto a gas liquido che era molto meno costoso della benzina e certamente molto più valido e meno impegnativo che non il gas povero del gassogeno “a fornacella”.

Anche un paio delle mie auto (una 1.300 FIAT e una Alfa Giulia Super 1.600 furono trasformate a gas liquido). Ci volle un serbatoio che impegnava una parte del bagagliaio, una piccola modifica del carburatore e l’aggiunta di un “polmone” nel quale si espandeva il gas prima di essere immesso appunto nel carburatore.

La necessità aguzza l’ingegno

Ma non basta perché anche il gas per autotrazione era gravato dalle accise e quindi, se pur meno costoso della benzina, era troppo caro per molti automobilisti ed allora c’era una scappatoia a cui molti ricorrevano.

Erano nati nelle città (a Napoli in particolare) dei piccoli distributori “privati” in cui qualcuno per sbarcare il lunario applicava un aggeggio in ottone al bocchettone dell’alimentazione che consentiva di scaricare nel contenitore del gas il contenuto delle bombole per il riscaldamento che per quell’uso non erano gravate da tasse, offrendo quindi dei rifornimenti a basso costo.

Gli impianti per le bombole casalinghe (cucina e riscaldamento), si trasformarono in distributori per auto

Ricordo che c’era anche un grosso impianto per l’imbottigliamento del gas (riempivano le bombole da usare per la cucina o per il riscaldamento da grossi contenitori di gas liquido). Si era attrezzato con delle vere proprie pompe simili a quelle presenti nei distributori di gas per auto. Rifornivano a basso costo tutti coloro che si recavano da loro a fare il pieno.

Intanto io, per averlo letto su una rivista del tempo (Scienza e Vita) viaggiavo con la mia Lambretta a NAFTA (così si chiamava allora il Gasolio) in luogo della miscela molto più costosa.

Ma successivamente, memore delle JEEP a petrolio agricolo degli amici di mio padre, facevo andare a “petrolio da riscaldamento” anche una NSU Prinz che avevo come seconda auto.

NSU Prinz

La diffusione del Diesel

Ma poi, sempre per risparmiare si fece largo il motore diesel. Mercedes aveva dimostrato che un motore diesel di una delle sue macchine di grosse dimensioni riusciva a percorrere anche 15 chilometri con un litro di gasolio.

Le auto Fiat di quel tempo, che erano anche molto più piccole, a mala pena raggiungevano i 10 chilometri al litro di benzina e poiché l gasolio costava molto meno della benzina si capì che il diesel poteva esser un bel passo avanti nella corsa al risparmio.

Ed io posso ricordare perfino che un mio collega di lavoro fece sostituire l’intero motore della sua Fiat 132 (siamo più o meno nel 1974) con un motore di un trattore che era appunto un diesel. La rumorosità di quel motore era paurosa (era un vero e proprio trattore al lavoro) ma il mio collega si gloriava perché spendeva la metà degli altri con le auto a benzina.

Poi il diesel, anche se le auto con quel tipo di motore almeno nei primi anni erano più costose, è diventato sempre più usato, specie in Italia dove il costo del gasolio è sempre stato inferiore a quello della benzina tanto che oggi i maggiori difensori dei motori termici confrontano SEMPRE i costi di esercizio delle elettriche appunto al vecchio diesel.

L’importanza del prezzo d’acquisto e di gestione delle auto

Ma a che serve questa lunga carrellata con così tanti ricordi, assolutamente non noti o quanto meno non vissuti dai nostri governanti? Semplicemente a far capire quanto è stato sempre importante per gli automobilisti il costo del carburante e non solo, perché voglio anche aggiungere che ai miei tempi anche il costo delle auto era molto diminuito tanto che nel 1969 io stesso acquistai una FIAT 500 a soli 475.000 lire (praticamente 245,32 euro)!!!

Con queste ultime affermazioni riesco perfino a scusare i NOBEV che si lamentano sia degli alti costi delle auto elettriche sia dei costi dell’energia elettrica praticati dalle colonnine.

Nel passato ho spesso provato a spiegare che al di là dei costi, ci sono molti altri motivi per passare ad una BEV, ma non posso non riconoscere che c’è una gran parte di persone che non sanno neanche cosa c’è sotto al cofano perché non l’hanno mai aperto e che se l’aprissero non si stupirebbero neanche se vi trovassero dei cavalli. E allora questo genere di automobilista ovviamente si interessa ad un’auto solo se costa poco e se per muoversi non richiede troppa spesa.

E allora non c’è bisogno di essere degli psicologhi per capire che c’è solo un modo per indurre una nutrita parte delle persone ad acquistare una BEV ed è quello di invogliarli con un prezzo basso nell’acquisto e un ridotto costo nell’uso.

Gli incentivi non bastano per vendere le auto elettriche

I produttori di auto sembra che si siano convinti che l’unico modo per vendere le BEV è quello di proporle con prezzi pari o magari minori di quelli delle corrispondenti termiche per cui questo problema sta rapidamente scomparendo, ma la BABELE delle colonnine con tutte le loro complicazioni, le APP tutte diverse, i sistemi di pagamento diversi, gli abbonamenti e i prezzi alti e ballerini, non sono certamente un buon invito a decidere.

In più tutti gli automobilisti per il rifornimenti delle auto termiche sono abituati ad utilizzare i distributori di carburante dove il prezzo del carburante è abbastanza simile in tutti gli impianti, il modo di rifornirsi, sia servito che self service è praticamente sempre lo stesso, non c’è mai bisogno di abbonamenti, si paga con carta di credito o bancomat o anche contanti e si legge con chiarezza quanto costa al litro il carburante e anche istante per istante quanto sta entrando nel serbatoio.

I distributori di carburante sono realizzati da grandi aziende, ma gestite da singoli gestori privati in concessione, ma lo Stato pretende ed ottiene che rispettino delle regole precise ed infatti tutto procede in maniera uniforme indipendentemente dal marchio.

I gestori delle colonnine creano il caos

I gestori delle colonnine invece sono degli improvvisatori che decidono a proprio insindacabile giudizio ciascuno a suo modo dove installare le colonnine, in che modo si fa la ricarica, quale APP è necessaria, in che maniera si paga, a quale prezzo si vende il prodotto. Oltre ad offrire anche abbonamenti per i quali ciascun utente può pagare un po’ meno il kWh a patto però di impegnarsi ad un determinato consumo mensile e ad essere disposti a perdere i kWh pagati e non consumati.

Ricarica utilizzando card brandizzata

Ricarica con App dedicata

Come può tutto questo invogliare un utente a passare all’elettrico?

Visto che questi gestori non sono stati capaci di mettersi d’accordo e visto che il Governo regolamenta i distributori di carburante, perché non interviene anche in questo settore che si occupa di un servizio pubblico?

Ci vuole una regolamentazione per i distributori di energia per le auto elettriche

Non dovrebbe essere il Governo a regolamentare questi nuovi distributori? Non potrebbe il Governo fissare dei tetti di costo per il kWh e obbligare (come pare sia stato fatto in Germania) TUTTI i distributori di carburante ad avere anche sempre presente una colonnina FAST per le ricariche veloci e distribuire elettricità ad un prezzo onesto?

E ancora, il Governo non potrebbe stabilire per legge che ogni colonnina debba avere uno stesso modo di funzionamento e che il pagamento debba essere possibile a chiunque senza abbonamenti e con l’uso di una carta di credito di un Bancomat o anche per contanti così come avviene in tutti i distributori di carburante?

Questa regolamentazione, che non costerebbe assolutamente niente alle casse dello Stato ma soltanto una legge nuova, renderebbe interessante il passaggio all’elettrico molto di più che non gli incentivi per gli acquisti che invece costano soldi all’erario.

Quindi posso concludere che i nostri governanti, con la loro noncuranza chiaramente dimostrata nei confronti di questo importante nuovo settore di servizio pubblico, finiscono per essere il PRIMO freno alla transizione verso la mobilità elettrica.

Franco Fellicò